Esiste da alcuni giorni un'attacco di ben altra natura, molto più vile, violento, antidemocratico e di violazione del diritto internazionale, di quello del Toro contro il ritrovato "castello" difensivo del Cagliari. L'attualità purtroppo ci sta mostrando la follia criminale russa e le scene di guerra in Ucraina, situazioni che mai avremmo immaginato di dover rivedere, a maggior ragione adesso che il mondo sta faticosamente tentando di uscire dal dramma della pandemia. Per questo motivo anche il calcio italiano, come deciso dalla FIGC, scende in campo per la pace e per promuovere la ricerca di un dialogo per la risoluzione dei dissidi tra i paesi, attraverso il posticipo dell'orario di inizio di tutte le gare (comprese quelle dei dilettanti) in programma questo fine settimana.

Dunque la sfida al Grande Torino in orario prandiale (la seconda casalinga dopo quella del 12 Dicembre scorso terminata con la vittoria sul Bologna per 2 a1) partirà con i canonici cinque minuti di ritardo e vedrà opposte la voglia di tornare al successo dei granata (2 punti nelle ultime quattro giornate), che avevano posto le basi per un super girone di ritorno con l'entusiasmante avvio di 2022 (regolando Fiorentina e Samp), alla ripristinata solidità difensiva di concezione mazzarriana, che è valsa il considerevole abbassamento della media goal subiti, passata da 3 di inizio campionato con Semplici, a 2 conseguita fino a fine anno, per arrivare all'1 delle ultime sei partite, periodo che ha fruttato tre importanti affermazioni (due in trasferta), due pari (contro viola e partenopei all'Unipol Arena) e una sola sconfitta di misura. Bastano queste cifre per rendere l'idea della complessità del confronto, acuita senza dubbio dal comprensibile desiderio dell'ex tecnico torinista, che ha recentemente festeggiato le 700 panchine da professionista, di lavare l'onta di quel 7 a 0 interno e quel 4 a 0 esterno, rispettivamente inflitti da Atalanta e Lecce ad un Torino in disarmo, che provocarono la risoluzione del contratto con Cairo, il 4 Febbraio 2020.

Ci sono voluti circa 600 giorni per riapprezzare la convinzione e il gioco concreto che Mazzarri seppe inculcare soprattutto nella sua seconda annata (quella del record di punti, 63 e della qualificazione ai preliminari di Europa League) e tutto questo grazie a Juric, il quale, attraverso il suo credo calcistico, fatto di coraggio, di pressione offensiva e di uno contro uno a tutto campo, è riuscito a dare alla squadra un'identità precisa, preludio al fatto di poter ambire ad un ruolo da futura rivelazione. In quest'ottica sarebbe una partita da vincere a tutti i costi, nonostante il Cagliari difenda a 3 (assetto che tanti problemi ha creato con il Venezia) con uomini ben catechizzati come Goldanica, Lovato, Altare, Ceppitelli e Carboni (votati al sacrificio e al bene comune, ideali non proprio abbracciati da Godin e Caceres, gli epurati di lusso presenti all'andata), nonostante abbia una notevole freschezza sulle corsie esterne, dove viaggiano a mille Bellanova e Dalbert, e nonostante la presenza in attacco di Joao Pedro, autore della spettacolare rovesciata per l'1 a 1 in Sardegna, ma anche della rete del pari, nell'ultima visita cagliaritana in Piemonte, conclusa vittoriosamente per 3 a 2. Sarà invece assente per infortunio Daniele Baselli, ceduto ai rossoblù dopo 7 stagioni sotto la Mole, condite da tante buone prestazioni, ma anche da alcuni infortuni, pure seri, che ne hanno limitato il rendimento, al cui posto la nostra dirigenza ha ingaggiato giovani di belle speranze e qualcosa mi dice che uno di questi (Ricci o Seck) oggi sarà decisivo. Oggi quando il Calcio ribadirà di non voler fare politica, ma di reclamare a gran voce la Pace. Oggi quando il Toro dovrà riacciuffare il Sassuolo (dove Traorè si è travestito da Mbappè e Defrel ha emulato il cinismo di bomber Benzema) al decimo posto, facendo capitolare il fortino del Cagliari, ma senza intaccare la fierezza sarda.


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