Il patto infernale tra Cairo e Giampaolo porterà il Toro in B, che schifo questa squadra.

Giampaolo a fine partita l’ha detto, ossia l’ha bofonchiato. Si è trovato a dover risolvere un sacco di problemi fuori e dentro il campo, tutti provenienti dalla scorsa stagione. E a sottolineato fuori dal campo. Problemi che avrebbe dovuto affrontare Cairo, problemi dovuti alla gestione della scorsa stagione. Cairo sapeva di non avere molto da investire quest’estate, e ha stretto con Giampaolo un patto di ferro, io non ti caccio e tu non mi chiedi rinforzi. Patto suggellato con un costo per l’esonero vicino ai 10 milioni di euro. Poi Cairo è riuscito a fare ancora peggio delle sue già peggiori intenzioni. Prendendo un incompetente come direttore sportivo, non un acquisto azzeccato, scordandosi che Giampaolo è tecnico sofisticato che ha ottenuto risultati ma anche grandi disastri. Rifiutandosi di sedersi al tavolo con i giocatori più rappresentativi e risolvere i problemi della scorsa stagione. Sperando che il cosiddetto gioco di Giampaolo risolvesse tutto. Fortunatamente il calcio non è una stronzata simile, è qualcosa di imponderabile ma più logico. E Cairo pagherà con la retrocessione, come tutti noi. Ancora Giampaolo ha lasciato chiaramente intendere che questa squadra non solo non è la sua ma ha limiti tecnici notevoli. E per questo cambiamo Meite con Kurtic? Sempre che sia vero. Insomma quale tecnico resisterebbe a tutto ciò, ai 13 punti, ai 4 punti fatti in casa in tutto il campionato, al penultimo posto allenando il Toro? Solo uno che sia stato assunto con un montagna di soldi perché facesse da parafulmine. E’ un Toro molle, un Toro che raramente aumenta i ritmi, un Toro acciaccato. Perché certo non mi è dispiaciuto l’Ansaldi degli ultimi 10 minuti ma come sta Ansaldi? In che condizioni è? Basta un palo per dire che è tornato?  Il Gallo è crollato, Verdi non è mai pervenuto, sbagliando oggi cose irritanti. Linetty, uno dei migliori centrocampisti della Samp lo scorso anno, sparito. Oggi due buoni interventi di Sirigu. E Giampa è andato totalmente in confusione, come spesso gli è capitato in carriera. Guardate la gestione dei difensori. Prima Lyanco era indispensabile, anche se sbagliava non si toccava. Poi dentro N’Koulou, che sbaglia e finisce di nuovo in panca, per giocare, e molto bene, a Milano in Coppa, e infine oggi il giovane Buongiorno in campo: passato da terza scelta a titolare in una sfida delicatissima. Insomma fare l’allenatore non è solo definire alla perfezione schemi e triangoli, è anche essere un buon psicologo. Un buon gestore di uomini. Male, malissimo. Ripeto qualsiasi allenatore avrebbe già riassaporato il divano di casa. Giampa no perché ha scelto il patto con il demonio. Intanto Cairo fa dichiarare a Vagnati che ci faremo trovare pronti sul mercato. Peccato che siamo al 16 gennaio. Verrebbe quasi da ridere. E venerdi c’è il Benevento. Giampaolo a fine partita ha lo sguardo perso, stravolto. Vorrebbe essere aiutato, vorrebbe andarsene, ma 10 milioni son sempre 10 milioni.

In settimana baruffa tra l’avv. Marengo e uno dei possibili pretendenti alla presidenza del Toro, non perdo tempo nemmeno e carcare di ricordarmi il nome. Non conosco i particolari ma stabiliamo una regola: chi vuole associare il proprio nome al Toro deve avere almeno un’utilitaria di proprietà e non sotto sequestro per multe non pagate. Mettiamo una livella.

Infine ieri Tony Dorigo ha dichiarato al Guardian che nel campionato 1997/98, che si concluse con lo spareggio tra il Toro e il Perugia di Gaucci per la serie A, a Reggio Emilia, con la vittoria ai rigori degli umbri, i giocatori del Torino, quindi lui compreso, accomodarono una partita, un pareggio concordato col Treviso a febbraio. Secondo Dorigo è una pratica molto in uso in Italia. Quell’anno mi feci quasi tutte le partite e riassumo quindi così: il Toro, con un notevole vantaggio in classifica, andò a Perugia dove fu derubato dagli umbri, Materazzi menò tutta la partita Lentini, la squadra fu cinta d’assedio in Hotel dagli sgherri di Gaucci. Nonostante ciò giocammo due partite in casa, dovendo vincerne una sola, per la promozione, col Chievo e la Salernitana, pareggiando entrambe. Anni dopo uomini vicini a Gaucci parlarono di una stecca donata alle due squadre in questione, per il loro maggior impegno. Poi andammo allo spareggio in Emilia, dove nonostante l’espulsione di Tricarico, e il gol di Tovalieri, riuscimmo a pareggiare con Ferrante  e a trascinare gli umbri ai rigori. Ne sbagliammo uno solo ma fatale. Ora a quel punto sugli spalti granata il tasso alcolico era elevatissimo, anche perché molti erano reduci dal concerto di Vasco a Imola ed erano strafatti. Come fossi messo io non lo dico, appellandomi al quinto emendamento. Una cosa però la ricordo: a sbagliare quel rigore fu un coglione di inglese che ora parla al Guardian, 23 anni dopo.


💬 Commenti