Cairo e Aldo Grasso ecco perché non si può, anzi non si deve, essere d’accordo.
Cairo non festeggia, ma la Gazzetta glorifica la sua Presidenza

Durante la pausa per la Nazionale si sono celebrati i vent’anni di Urbano Cairo alla Presidenza del Torino FC. A parte i sollucheri della Gazzetta dello sport, troppo di parte per essere veri, ad accendere le discussioni in casa granata sono stati soprattutto il lungo monologo su Tele Lombardia di Urbano, venti minuti senza intoppi, e il successivo articolo di Aldo Grasso, critico tv del Corriere. Andiamo per ordine. Urbano ha buttato nell’eloquio i soliti palloni che mancavano, i tanti anni di B fatti prima della sua venuta, ma poi qualcos’altro ha detto. Si è ricordato che dopo gli anni quaranta ci sono stati pure i settanta, definiti bellissimi con Pianelli. Ancora non ce l’ha fatta ad ammettere che tra il 1980 e il 1995 abbiamo avuto anni non più così gloriosi ma avvincenti. Portando a casa un secondo posto, un terzo, tanta Europa, la Coppa Italia, una finale di Uefa. Derby vinti entrati nella storia. Ma non è un caso che Urbano non se lo ricordi mai. E’ esattamente tutto quello che chiedevamo alla Presidenza Cairo, ripeto non è un caso che nella dialettica presidenziale tutto ciò sia stato rimosso. Urbano ha poi cercato di riprendere il filo, la via, della promessa mai mantenuta. Dice che si interesserà dello stadio, del Museo al Fila. un pò tardi, in vent’anni tre campi al Robaldo, il Fila che ha rivisto la luce ma con minima disponibilità presidenziale. Troppo poco per credere ora in una rotta cambiata. Cairo che mai risponde poi a una domanda, come mai in tutte le sue attività si è affidato a manager capaci (Mentana, Salerno, Fontana) e solo nel Toro non ha mai trovato un braccio destro degno di questo nome. Lasciamo stare le ben nota vicenda Sartori, scappato appena gli è stato rivelato il piano presidenziale, ma vogliamo dire pure di Rino Foschi, arrivato dopo i trionfi palermitani, che dopo dieci giorni pregava per andarsene. Petrachi appena ha acquistato un minimo di autonomia è scapato a gambe levate. Vagnati è solo un mero passacarte. Urbano fa tutto da solo, si affida ai procuratori. Non funziona, ma lui va avanti. Perché? Perché il procuratore ti porta un giocatore, poi immediatamente dopo, o dopo un anno, te lo rivende, rischio zero, guadagno assicurato. Solo che poi arriva Pedersen al posto di Bellanova, Coco al posto di Buongiorno, o scopri che Adams e Simeone si pestano i piedi. Ma credetemi Urbano non è fesso, la sua storia è lì a mostrarlo. Semplicemente il gioco vale la candela.
A supportare poi il monologo presidenziale, è intervenuto Aldo Grasso, tifoso granata. Aldo, tirato a parlare di Toro, ha sostanzialmente detto che va bene così, che i tifosi del Toro sono instabili. Troppe contestazioni, ricordando ad esempio i tempi di Sergio Rossi. Cavolo quando va bene a Cairo gli anni ottanta se li ricordano eccome. Tutto vero qualche errore è stato commesso, per troppo amore, lo stesso amore che ha permesso al Toro di sopravvivere nei tempi bui, quando a Torino si voleva solo una squadra. Perché per questo, e non per i suoi tifosi, il Toro è andato troppo spesso in B, caro Aldo. Avevamo chiesto solo una società che funzionasse, una società che esistesse. Il Presidente ha detto di non poter investire 60, 100 milioni all’anno, bene allora per muoversi dignitosamente in A ci voleva il popolo granata tutto unito . Invece qui si è costantemente lavorato per dividere, per spezzare, come nella storia granata non era mai successo. Non siamo tutti matti. Siamo abbastanza lucidi dal capire che il disegno dietro a questa presidenza è un altro, l’intento è un altro.
ps: detto ciò trovo stucchevoli anche le mille voci che si sono alzate nei social contro Grasso. Nessuno conosce il mezzo televisivo come Aldo Grasso, non scherziamo. Non siamo semplicemente d’accordo. Lui scrive sul giornale di Cairo, poteva astenersi, io sarei andato semplicemente al mare.
