Gravina: "Norvegia più forte di noi. Ranieri? Non è il momento dei nomi"
Le parole del presidente federale al Festival della Serie A

È convinto che il percorso portato avanti possa dare risultati, che sia il caso di insistere?
Assolutamente, come quasi il 99% dei delegati federali che mi ha dato fiducia mesi fa. Non vedo possibilità di mollare in un momento così delicato. Se dovessi immaginare ipotesi alternative possano dare un contributo innovativo e stravolgente lo farei, ma sono convinto del contrario: potrei generare un ulteriore danno. Abbiamo obiettivi, dobbiamo portare avanti il lavoro condiviso in particolare con la Serie A: erano anni che non avevamo modalità di dialogo e di collaborazione come in questo periodo, fondamentale per il sistema.
Quanto può durare questo progetto?
Di solito a livello sportivo servono 10 anni, la nostra Under 17 sarà pronta fra 3-4 anni.
C’è un vincolo culturale che impedisce di puntare sui giovani?
Il talento c’è, lo confermano le certificazioni. All’ultimo mondiale Samuele Inácio ha fatto benissimo e ora andrà al Borussia Dortmund: al talento servono opportunità, e per averle servono coraggio. Due anni fa Lamine Yamal o Antonio Nusa non erano quelli che sono oggi, lo sono diventati con la possibilità di giocare: qualcuno ci ha creduto.
Si possono limitare gli stranieri in Italia?
Purtroppo no, ci sono norme legate alla tutela del lavoro e alla libera circolazione dei calciatori. Parlo degli europei, non puoi impedire l'ingresso: per gli extracomunitari esiste già un limite dettato dalla Bossi-Fini, il più restrittivo a livello internazionale. Pensare di imporre a società di capitali di perseguire interessi diversi è impossibile.
Non è un problema di vincoli, ma di vocazione: l'investimento sui giovani non è una prerogativa solo di alcune realtà nell'interesse della Nazionale, ma è una scelta di visione. Di chi ritiene che i vivai e le infrastrutture siano la soluzione per il futuro. Se qualcuno mettesse obblighi, e qualche soggetto facesse ricorso, sarebbe peggio.
La riforma Zola può aiutare?
Sì, dobbiamo lavorare in termini di filiera. In Premier per esempio avviene: tutti lavorano nell'ottica della formazione, dell'educazione, dal basso, per offrire al campionato professionistico calciatori. Sono convinto che da noi sia mancato il senso di sistema: la conflittualità tra FIGC e Lega Serie A, dovuta anche a personalismi, oggi non c'è più. A noi è mancata, penso anche alla Serie A.
La cosa che le ha dato più fastidio?
Gli attacchi di certi soggetti, come questo personaggio: sono l'emblema di un immobilismo che abbiamo ereditato, ma che dobbiamo rivoluzionare. Sono strumentali e inutili. Mi ha dato fastidio una scarsa informazione dei temi reali, un attacco a una persona che io stimo, perché è la persona più corretta che abbia mai incontrato nel mondo del calcio.
È una persona straordinaria, di animo nobile: gli attacchi che sta subendo in questo momento sono immeritati. Lo dico con amarezza e morte nel cuore: è una persona per bene, davvero. Lui al calcio serve, fa bene, ed è un grande signore: io in queste ore ho parlato a lungo con lui, e gli lascerò alcune considerazioni che continueremo a fare. Ha subito un attacco mediatico immeritato.
Come l'ha trovato?
Molto combattivo, ha indossato l'elmetto. Molto ferito, ha sempre inteso il suo ruolo come un servizio all'Italia: è questo che dobbiamo trasmettere. Se io ho responsabilità, se le ha lui, forse non siamo stati bravi a far capire ai ragazzi cosa significa l'orgoglio di appartenenza a questa maglia.
I ragazzi dell'82 e del 2006 forse tecnicamente erano inferiori ad altre squadre, ma avevano voglia di dimostrare di essere italiani. Noi dobbiamo dimostrare questo, che l'Italia è l'Italia: dobbiamo rialzarci subito, non possiamo pensare che, per una caduta o per un incidente che dura da tempo, dobbiamo trovare alibi. È il metodo peggiore, e non è sbagliato solo nel calcio e nella vita.