Oggi in esclusiva l'intervista a Pato Hernandez, giocatore del Toro dal 1982 al 1984, che ora vive in Argentina.
A Pato il mio più sentito ringraziamento per la sua simpatia e disponibilità.

Buongiorno Patricio. Come state vivendo in Argentina l’emergenza legata al Coronavirus?

Personalmente sto bene, sono tranquillo e a casa, insieme alla mia famiglia, con i riguardi e la cura necessari. Nonostante questo difficile momento stiamo bene e cerchiamo di approfittare della qualitá del tempo da condividere e trascorrere in famiglia. In particolare l'Argentina ha avuto la possibilitá di servirsi dell'esperienza dell'Europa e ció ha permesso che le decisioni fossero prese in tempo e con un grande senso di responsabilità e coerenza. D'altra parte, per quanto riguarda i miei amici italiani, sono molto in pensiero e preoccupato. Purtroppo, anche se parliamo tutti i giorni, le notizie non sono sempre buone, ed offro le mie preghiere affinché questo incubo che stiamo attraversando finisca al piú presto possibile e con la minor quantitá di perdite.

Quali sono i tuoi ricordi più belli legati alla tua esperienza al Toro?

Tutti i ricordi legati al Torino sono bellissimi e mi riempiono di contentezza. In un breve percorso vado dall'arrivo a Torino, il Filadelfia, il Comunale, il Mister, Eugenio Bersellini, che si trova in cielo. Da sottolineare anche la professionalitá estrema del calcio italiano. Mi ricordo perfino del colle in cui sono andato a vivere con la mia famiglia, raccomandato dal mio amico Enrique Omar Sivori. Pensare a Torino, la cittá che vide nascere mia figlia Rocio, per me non è altro che gioia e felicitá.

In una tua vecchia intervista a Tuttosport avevi dichiarato di conoscere molto bene Federico Girotti, attaccante classe ‘99 che il Toro segue. Cosa ci puoi dire in più su questa giovane promessa?

Federico secondo me rappresenta una promessa. Nel mio umile sguardo, avendo una societá che lo aiuti a formasi e svilupparsi, diventerá una realtá poiché ha tutti gli elementi di base che ci vogliono per trionfare. Federico ha il fisico, la mentalitá e le qualità per far sì che si punti su di lui nel futuro e per farlo diventare un giocatore proficuo e conveniente.

Ci sono altri giovani talenti in Argentina che secondo te sono “giocatori da Toro” che ti senti di consigliare al club granata?

Io suggerisco Bautista Hernandez, centravanti italiano classe´98. Lui domina i criteri fondamentali e i punti di forza che ogni attaccante dovrebbe avere: smarco, ricezione, conduzione e definizione. E dal punto di vista fisico é stato preparato ed allenato per la massima competenza.

Quali sono i tuoi ricordi legati alla tifoseria del Toro?

Sono tutti ricordi bellissimi.

Sarò per sempre grato ai tifosi del Toro per il loro affetto. 

Dall’Argentina prima dello stop forzato per il Coronavirus riuscivi a seguire le partite e i risultati del Toro?

Non solo mi occupo di sapere i risultati del Toro, ma persino cerco di sapere un po' come va avanti l'intera societá. Il Torino ha segnato la mia vita per sempre, e non soltanto per la mia crescita e sviluppo, sia professionale che personale, ma anche perché ho avuto la possibilitá di far parte di una delle leggende piú grandi del calcio italiano.

Dei tuoi vecchi compagni al Toro chi ricordi in particolare e perché? Sei riuscito a mantenere i contatti con qualcuno di loro?

Di ricordi ne ho tantissimi, che vanno dall'atmosfera che si generava tra i compagni, ai particolari di alcuni di essi, la cui impronta mi segnó per tutto il mio percorso. Sento ancora la mancanza delle chiacchere sulla politica che avevo con Giuliano Terraneo... Roberto Galbiati che mi ha fatto conoscere ogni angolo di Firenze... Paolo Beruatto, il classico giocatore del Toro, che portava con sé la gioia e la vitalitá dappertutto. I profondi discorsi di Mimmo Caso riguardo l´importanza della tecnica e del calcio in generale. Da Renato Cesarini mi resta aver imparato il significato della serietá e la grande resposabilitá nel portare la bandiera del Toro. E poi i giovani: Antonio Comi, Cravero, Francini, che ascoltavano con attenzione per poter arrivare a compiere il loro sogno di giocare nella prima squadra e cavalcare il calcio italiano. I dialoghi con Sergio Vatta e Narciso Pezzotti (vice di Bersellini, ndr), entrambi due rappresentati del calcio formativo. I ricordi sono uno piú bello dell'altro e tutti quanti legati a un grande periodo della mia vita. Comunque devo ammettere che purtroppo la comunicazione con loro attualmente non accade spesso; caso mai, per qualche motivo particolare. 

Negli anni in cui hai giocato in Italia si diceva che fosse il campionato più bello del mondo. All’estero secondo te ora quanto e come è cambiata questa immagine?

Secondo me continua ad essere un campionato bello da seguire, competitivo, ambizioso. D'altra parte il calcio si é molto sviluppato anche in tanti altri Paesi come la Germania, la Francia e l'Inghilterra. L'arrivo di sponsor e il forte investimento, hanno portato con sé la capacitá di offrire contratti favolosi e squadre vincitrici, che attirano l'attenzione e rendono ancora piú ampio e competitivo lo spettro di possibilitá per gli spettatori e i tifosi del mondo intero.

Giovanni Goria


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